Affermare che Pagani realizzi auto esclusive sarebbe quasi un eufemismo. In suo favore parla la storia, che, benché relativamente breve, l’ha vista lanciare alcuni dei modelli più belli ed esclusivi in circolazione. Aggiudicarsene uno significa disporre di fortune economiche quasi infinite, perché il marchio si rivolge alla creme-de-la-creme della popolazione mondiale. Ogni produzione è studiata nei minimi particolari, con l’adozione delle tecnologie migliori in circolazione.
Ma non solo: spesso la Casa cerca lei stessa di farsi portatrice di innovazione, nell’eterna lotta contro gli altri colossi della Motor Valley italiana quali Ferrari e Lamborghini. Essendo venuta dopo, ritagliarsi uno spazio imponeva di seguire un percorso differente, pena la rapida caduta nel dimenticatoio. Il padre fondatore, Horacio Pagani, l’ha creata a propria immagine e somiglianza, servendosi del vasto bagaglio di competenze maturato in precedenza, tra le fila della concorrenza, prima di perseguire la realizzazione personale, senza dover sottostare alla supervisione dei piani alti.
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La formazione e la scommessa imprenditoriale
Nato a Casilda, in Argentina, il 10 novembre 1955, Horacio Pagani sviluppa una passione viscerale per i motori fin dagli anni Sessanta. Grazie alla lettura di riviste di settore quali Automundo scopre le Case europee e, in particolare, quelle italiane. Mentre frequenta la scuola media inizia a costruire modellini, una mini-moto e un buggy sulla base di un chassis e di un propulsore di una vecchia Renault Dalphine. Intanto, restaura le motociclette, un periodo essenziale a livello formativo.
Ottenuto il diploma, si iscrive all’Università di La Plata per studiare disegno industriale, prima di seguire i corsi di Ingegneria meccanica a Rosario. Tuttavia, abbandona presto le velleità accademiche. Gli anni Settanta sono pieni di fermento e lo sbarco della Formula 2 in Argentina lo induce a tentare la progettazione di una monoposto, con l’obiettivo di partecipare alla competizione ufficiale. Quand’è il 1982 lascia la terra d’origine, destinazione Italia. Qui, inizia a lavorare per Lamborghini, dapprima in veste di operaio nel reparto di carrozzeria sperimentale. Una parentesi preziosa, dove entra in contatto con eccellenze del settore, soprattutto Giorgio Alfieri, insieme a cui approfondisce le conoscenze sui materiali compositi.
Forte delle competenze e delle esperienze acquisite, inaugura nel 1988 la Pagani Composite Research, un’azienda pronta a collaborare con brand già affermati. Fornisce, nello specifico, un apporto prezioso alla Casa del Toro per la Diablo. Tre anni dopo apre una seconda compagnia, Modena Design, fidata partner di realtà come Dallara, Ferrari, Bergman, Lange e Renault. Intanto, porta avanti un sogno: dare vita a una nuova Gran Turismo, intitolata a Juan Manuel Fangio. Buttati giù i primi bozzetti, nel 1992 realizza il prototipo numero uno del progetto C8 e allora nasce la ragione sociale della Pagani Automobili.
L’intercessione di Fangio
L’incontro con Fangio è uno spartiacque nella carriera di Horacio Pagani. Beneficia dell’intermediazione del pilota per entrare a diretto contatto con Mercedes-Benz AMG, e allora vengono gettate le basi di una proficua collaborazione. I test aerodinamici della vettura in via di sviluppo avvengono nella galleria del vento della Dallara, mentre Horacio affina il design, ispirato alle linee sinuose e aerodinamiche dei concept Mercedes-Benz di Gruppo C. Spesi anni di lavoro e dedizione, verso la fine dei Nineties il bolide di serie viene finalmente presentato al mondo, sotto una differente denominazione.
Infatti, in segno di rispetto verso Fangio, scomparso nel 1995, Horacio decide di ribattezzarla Zonda C12. Il nome omaggia il vento impetuoso che soffia sulle pampas argentine. È un capolavoro: il telaio e la carrozzeria in fibra di carbonio, all’epoca materiali innovativi, sono “spaccamascella”. Sotto il cofano pulsa, inoltre, un esuberante dodici cilindri Mercedes-AMG da 5987 cm³. Il “battesimo” ha luogo al Salone dell’Automobile di Ginevra del 1999, e da lì si schiudono molte porte. Nel prosieguo, la Zonda viene declinata in numerose varianti, ciascuna dotata di caratteristiche uniche e ricercate.
La Zonda S del 2000 cela un propulsore da 7010 cm³ di cilindrata, poi aumentata a 7291 cm³ con l’upgrade a 558 CV. Esce anche la variante roadster, sintesi del piacere di guida en-plein air. Quindi, nel 2002 scocca l’ora della Zonda F, un tributo a Fangio. All’esordio eroga 602 CV, innalzati a 650 CV, così da reggere colpo su colpo alle supercar più performanti del periodo. La scoperta riceve un aggiornamento nel 2005: dotata di un “cuore pulsante” da 7291 cm³ e 558 CV. Nel 2013 viene il momento di dare il benvenuto alla Zonda Revolucion, una “belva” da 800 CV, in quello che ha tutta l’aria di essere il canto del cigno. E, invece, nel 2018 chiude il sipario la HP Barchetta, l’auto di serie più costosa al mondo. Se le precedenti meraviglie avevano toccato vette vertiginose, la HP Barchetta, chiamata in tributo a Horacio, stabilisce un inedito primato, uscendo in appena tre esemplari da 20 milioni di euro l’una.
L’erede spirituale della Zonda viene lanciata nel 2011, un connubio tra prestazioni mozzafiato, lusso raffinato e tecnologia d’avanguardia. Al centro, un V12 biturbo da 6 litri, frutto del sodalizio insieme a Mercedes-AMG. In base alla versione, sprigiona una potenza da un minimo di 730 a un massimo di 850 CV, tradotti in una velocità massima superiore ai 380 km/h e in uno scatto da 0 a 100 km/h in soli 2,8 secondi. La cura del dettaglio è talmente maniacale che ciascuno dei 1400 bulloni della Pagani Huayra è realizzato in titanio grado 7 e su ogni singolo bullone è inciso il logo Pagani. A più di 80 dollari ciascuno, il prezzo dei soli bulloni supera i 112.000 dollari.
Utopia, di nome e di fatto
In un mondo sempre più digitale può avere ancora senso una vettura “analogica”? Sì, e la risposta la dà la Utopia, svelata nel 2022. Al posto di un display contemporaneo, vanta strumenti classici e un volante minimalista con pulsanti integrati per le funzioni fondamentali. L’estetica costituisce un omaggio alle icone degli anni Cinquanta e Sessanta, reinterpretate in chiave moderna. Plasmata secondo canoni stilistici immortali fusi a elementi aerodinamici funzionali, è espressione del puro piacere di guida. L’adozione di materiali innovativi e leggeri quali il carbonio e il titanio consente ai progettisti di raggiungere un rapporto peso-potenza e una maneggevolezza straordinari. Al solito in sinergia con Mercedes-AMG, la vettura scarica una potenza di 864 CV e 1.100 Nm di coppia motrice: a tiratura limitata, il suo costo parte da 3 milioni di euro e arriva a 10.