Torna la Superbike: Bautista come Fogarty, destini incrociati

Riparte il Mondiale Superbike con la Ducati campione in carica, un romantico ritorno che ricorda l'epoca d'oro delle derivate di serie.

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Alex Ricci

Divulgatore di motociclismo

Romagnolo classe 1979, scrittore, reporter, divulgatore appassionato di moto, storia, geografia, letteratura, musica. Adora Junger, Kapuściński, Sting e i Depeche Mode.

Torna il Mondiale Superbike e la stagione 2023 riprende da dove è terminata lo scorso anno, a Phillip Island. Sul circuito australiano in novembre Alvaro Bautista era già Campione del Mondo in sella alla Ducati, per il primo storico trionfo iridato di una Panigale V4 (e di un 4 cilindri Ducati nelle derivate di serie). Lo spagnolo inseguiva fin dal 2019 questo alloro, ma proprio nella sua stagione d’esordio nella categoria, dove per tutta la prima fase del campionato aveva dominato con uno strapotere impressionante di 11 vittorie consecutive su 16 totali ottenute, si era poi perso cedendo il passo al “cannibale” Jonathan Rea. A metà stagione, Alvaro nicchiava su questioni contrattuali con Ducati in vista di un’offerta importante e un progetto, sulla carta vincente, di Honda.

A Borgo Panigale non hanno perso tempo e non potendo colmare le richieste del loro pilota uscente, come invece i giapponesi erano pronti a fare, l’anno lasciato andare in HRC, senza titolo in tasca e con rammarico da ambo le parti. Per Honda e Bautista doveva essere il riscatto, ma dopo i test invernali, s’intuiva già che la strada sarebbe stata tutta in salita. A complicare le cose c’è stata la grossa emergenza globale da Covid-19 che, con tutte le restrizioni e incertezze del caso, ha castrato pesantemente la stagione 2020 che ha visto vincere nuovamente la Kawasaki guidata da Rea.

Sulla falsa riga dell’anno precedente, il 2021 è stato programmato con la massima attenzione, per ridurre ogni possibile complicazione sempre legata all’emergenza sanitaria, che già aveva comunque costretto gli organizzatori a disporre norme comportamentali che ne permettessero lo svolgimento completo entro i massimi limiti consentiti. Nulla di fatto nemmeno al secondo anno per HRC e Bautista che, a fine 2021, si sono salutati in virtù del rientro in Ducati del secondo, probabilmente meno esigente e più interessato a guidare una moto competitiva rispetto al recente passato.

Probabilmente, le motivazioni e la ritrovata aria di casa sono state determinanti, insieme a una moto ormai collaudata e performante nei suoi aggiornamenti, a non far cadere il centauro iberico nella trappola psicologica del 2019 che con meno successi e molta costanza nel salire sul podio, non ha sentito la pressione che prova chi ha qualcosa da perdere, galvanizzato della fiducia ritrovata in sé e nel mezzo a disposizione.

Carlo Fogarty
Fonte: foto getty images
Carlo Fogarty su Ducati

La Superbike di oggi è fatta di tecnologia e moto sempre più sofisticate, ma si sa che la storia tende a ripetersi e una vicenda analoga al ritorno vincente di Bautista in Ducati accadde a metà degli anni novanta con un altro figliol prodigo di Borgo Panigale, Carl Fogarty. Originario di Blackburn nell’Inghilterra occidentale “King Carl” è stato per anni il pilota più vincente e considerato della storia delle derivate di produzione. Cresciuto sportivamente con le gare su strada, nel 1990 vinse il Tourist Trophy dell’Isola di Man nella categoria Formula One TT. Approdato in pianta stabile al World Superbike nel 1991, dopo un anno con la Honda, passò in Ducati dove, nel giro di tre stagioni, si laureò Campione del Mondo nel 1994 bissando il risultato l’anno dopo.

Ma proprio nel 1995, nonostante stesse disputando un’ottima stagione, per stessa ammissione di Fogarty, l’inglese osservava con ammirazione la scuderia Honda. Attirato dal team ufficiale giapponese, nel 1996 passò in Honda convinto di poter fare la differenza e battere il suo ex team. Vinse solo quattro gare e in campionato si classificò quarto assoluto, dietro al compagno di squadra Aaron Slight. Compresa la lezione tornò indietro e nel 1997 riabbracciò la rossa con cui aveva già ottenuto due titoli, ma un altro passaggio da Ducati a Honda, quello di John Kocinski, fu vincente e Foggy dovette accontentarsi di arrivare secondo, battuto nuovamente dalla moto che guidava l’anno prima.

Per il ritorno vincente bisognò infatti aspettare il 1998 con il terzo titolo, anche questo replicato nel 1999. Due doppiette per un totale di quattro campionati vinti in sei stagioni, che l’hanno reso il più vincente pilota della categoria per molto tempo e il secondo assoluto in ordine di titoli conquistati.

Due destini, due storie simili quelle di Fogarty e del recente trionfo di Bautista. Vincenti solo in Ducati dopo esperienze altrove alla ricerca di qualcosa che non c’è stato e sempre con la Honda ad intrecciare il loro cammino. Per l’iberico c’è ancora tempo e Ducati, dopo un digiuno che durava dal 2011, potrebbe puntare ad un’altra storica doppietta.