A volte il diritto crea dei cortocircuiti terrificanti, davvero difficili da comprendere. Come riporta il sito laleggepertutti.it, la Corte di Cassazione è giunta a un verdetto sorprendente: tirare dei sassi fino a danneggiare un’auto, qualora il proprietario si trovi a poca distanza dal mezzo in questione.
Sì, sembra di essere piombati in un mondo parallelo, dove regna l’anarchia. Eppure, il testo emanato dagli Ermellini è di una chiarezza cristallina, al punto da non prestarsi ad equivoci. La decisione dell’organo giuridico costituisce la sintesi di una nuova chiave di lettura della materia.
A partire dal 2016 la responsabilità di danneggiare un’auto ha cominciato, infatti, a riscontrare un approccio piuttosto soft e transigente. Manco fosse una semplice “bravata” e mica una violenza inammissibile per mantenere la quiete pubblica. Oltre all’impatto emotivo lasciato, subire determinate azioni espone a seri pericoli.
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Il pronunciamento della Corte di Cassazione
Se qualche malintenzionato rovina la vostra vettura non rischia più il carcere ma solo sanzioni amministrative che partono da 100 euro fino a un massimo di 8.000 euro. L’inconsueta chiave di lettura fornita dalla Suprema Corte ha scatenato un putiferio tra la popolazione, manifestato attraverso messaggi di profonda indignazione sul web.
Invece di sentirsi tutelati, la classe dei conducenti ha come l’impressione di essere stata messa all’ultimo gradino della catena alimentare. Di pronunciamenti curiosi ve ne sono stati parecchi nel corso degli anni, pure in riferimento al Codice della Strada. Che, dal punto di vista teorico, dovrebbe salvaguardare gli interessi dei guidatori e degli altri utenti della strada, mentre in realtà capita di sentire storie ai limiti del grottesco o, giusto per ricorrere a un po’ di ironia, del “paranormale”.
Quando sussiste il reato
Il reato però sussiste nel caso in cui ad essere lesa sia una macchina lasciata sul ciglio della strada senza una custodia continua. Solo in suddetta circostanza si può punire la violazione di una consuetudine sociale e cioè quella di affidarsi al buon senso e avere rispetto per i beni altrui. Accanirsi contro un’automobile lasciata incustodita, tirando sassi, rigando la carrozzeria o bucando le ruote rimane una grave colpa.
Ma il paradosso scatta se il proprietario è nelle vicinanze della vettura vandalizzata o addirittura al suo interno: il bene non risulta più essere esposto alla “pubblica fede”, ma rimane sotto la vigilanza di chi lo possiede. Quindi non scatta l’aggravante e il reato rientra nell’alveo di quelli depenalizzati.
In sintesi
Ricapitolando, danneggiare un’auto quando il proprietario non è presente non c’è reato, anche se forse nessuna saprà mai chi ha compito l’atto vandalico. Se invece è presente tirare sassi a un auto o squarciare gli pneumatici diventa una condotta meno grave, punibile al massimo con un’ammenda pecuniaria.
Quindi se la persona che ha subito il danno denuncia il torto subito implica automaticamente una sua presenza sulla scena e viene automaticamente meno l’ipotesi della maggiore tutela accordata alle cose esposte alla pubblica fede, come le autovetture. Un garbuglio paradossale che rientra di diritto nell’alveo delle leggi più strane d’Italia. Auspichiamo un ripensamento da parte delle autorità preposte in materia.